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Una dimora storica che ha tanto da raccontare

da Cosimo Saracino
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(da BuoneNuove di Gennaio 2021) – Mesagne continua a stupire. Le sue bellezze, senza tempo, emergono in ogni angolo della città impreziosendola e facendola diventare sempre più affascinante. La sua storia antica rivela una ricchezza che messa a sistema fa giungere turisti e consolida un’economia dell’accoglienza sempre più fiorente nell’ultimo decennio. Esempio lampante di queste prerogative è quanto sta emergendo dal restauro conservativo dell’antico palazzo che si trova all’‘inizio di via Geofilo. Una dimora che dall’inizio del 1900 appartiene alla famiglia Carrozzo. L’antico palazzo, almeno in parte, diventerà dalla prossima primavera un bed and breakfast di lusso capace di ospitare 18 persone divise in sei appartamenti arredati rispettando la destinazione originaria della dimora. Fino a qualche anno fa questa residenza era occupata da donna Elena Carrozzo Savino scomparsa all’età di 92 anni. Elena era figlia del veterinario comunale Rodolfo Carrozzo impegnato a Mesagne all’inizio del secolo scorso. La famiglia Carrozzo acquistò il palazzo dalla famiglia  Fazzi- di Lecce  poiché uno dei figli aveva sposato una Profilo. Queste, per il momento, le sole notizie storiche certe che sono venute alla luce con una prima ricerca documentale. Ma anche le pietre parlano e quelle della storica dimora di via Geofilo sembra abbiano tantissimo da raccontare.

Per arrivare alla realizzazione del b&b Marinella, figlia di Donna Elena Carrozzo, e i suoi due figli Giulio e Luca Vece, hanno promosso un dettagliato progetto di restauro conservativo dell’immobile durato circa tre anni a firma dell’ing. Giorgio Vece. Un’opera privata che arricchirà molto il cuore antico della città e che sarà destinata ad un progetto di accoglienza che va ben oltre il semplice pernotto. Il b&b “Donna Elena” è nato anche per rispettare l’amore che la signora Carrozzo ha sempre avuto per quella dimora. Basti pensare che negli anni del dissesto idrogeologico donna Elena non ha mai abbandonato la sua dimora. Ha preferito non lasciare la sua casa, nonostante le altre famiglie di via Geofilo fossero state tutte sfollate e la strada fosse impraticabile e transennata per oltre 11 anni. Da questo amore per il centro storico è scaturito un intervento di recupero e restauro meticoloso, finalizzato alla conservazione di un immobile di alto pregio. Per evitare che elementi estranei alla storia del palazzo potessero inficiare il restauro conservativo, i nuovi proprietari hanno voluto che venisse riutilizzato tutto il materiale esistente senza disperdere nulla. Sono stati recuperati i mobili, gli infissi, le porte interne, le pietre e ogni altro elemento esistente. Dietro alle carte da parati sono apparsi le firme degli artigiani che nel 1947 posizionarono questi elementi di arredo.

Una prima scoperta che ha inorgoglito i proprietari, ma non quanto l’evidenza di alcuni affreschi che abbelliranno gli ambienti riportando all’interno della casa un fascino elegante. Il palazzo, però, è uno scrigno con tanti segreti che raccontano di un tempo in cui ogni elemento aveva il suo valore. “Nella fase di recupero di vecchi armadi che si trovano in una antica dispensa – ci racconta entusiasta l’ingegnere Vece – abbiamo scoperto che per costruire questi mobili erano stati utilizzati degli assi di legno proveniente da un soffitto a cassettoni. Questi legni sono stati affidati ad una restauratrice che cercherà di recuperarli. Dopo una prima valutazione storica su alcune cromie rintracciate sul legno il materiale è stato datato al 1600. È stata una scoperta del tutto casuale che ci ha riportato alla mente i racconti di donna Elena che ci parlava dell’esistenza di una antica cappella interna all’abitazione dedicata a Santa Barbara. Pensiamo che questo legno possa provenire da questa cappella distrutta durante il restauro avvenuto nel primo dopoguerra”. I lavori di recupero hanno interessato anche la facciata esterna dell’immobile. “Un intervento fatto in stretta collaborazione con l’ufficio urbanistico di Mesagne e con la soprintendenza – spiega Vece -. Benché il palazzo non sia sottoposto a vincolo, abbiamo chiesto un parere informale alla soprintendenza attraverso l’ufficio urbanistico seguendone poi le indicazioni sui tipi di interventi da eseguire; abbiamo scelto ditte restauratrici con un lungo curriculum nel campo del restauro monumentale, e tutti gli interventi sono stati orientati al rispetto dei materiali e della loro storia”. Il restauro ha interessato anche il portale e lo stemma che si trova all’angolo del palazzo.

Dai lavori sono emerse diverse novità. Il portale, da quando è stato realizzato fino agli anni ’70, ha subito diversi trattamenti con colori differenti. Quel magnifico portale è stato dipinto di giallo ocra, azzurro, bianco e perfino nero. Adesso è stato riportato alla condizione originaria senza fare alcun intervento di sostituzione, ma agendo con un lavoro di recupero e ricostruzione dell’esistente. Secondo gli esperti il portale risale alla fine del ‘600 ed inizio ‘700. Poi i lavori allo stemma. Qui sono venuti fuori dei particolari invisibili fino a poco tempo fa. C’è una pianta di ulivo, poi Nettuno, l’angelo del vento e un elmo finemente curato con piumaggio e altri particolari. Adesso tocca agli storici interpretare questi elementi ed indicare la famiglia di appartenenza.

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