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Siamo sicuri che eliminare la vegetazione dai canali sia un bene?

da Cosimo Saracino
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(di Stefano Bello*) – In queste settimane si fa sempre più caldo l’argomento della mancata gestione dei corpi idrici da parte del Consorzio Speciale per la Bonifica di Arneo e le cartelle di pagamento che continuano ad arrivare ai contribuenti senza che questi ultimi godano di alcun beneficio, vista l’assenza di opere di manutenzione. Fermo restando che anch’io sono un contribuente che si ritrova nelle stesse condizioni di tanti mesagnesi possessori di terreni agricoli, dobbiamo chiederci cosa è un canale, cosa comporta la mancata gestione e quale potrebbe essere una gestione corretta.

Di canali sul territorio ce ne sono tanti, e sono molto diversi: dai canali scavati per far defluire le acque piovane dai terreni e renderne praticabile la messa a coltura, a quelli naturali, che spesso nascono da una o più sorgenti e finiscono sprofondando in inghiottitoi naturali, le cosiddette “vore”. Comunque anche questi corsi d’acqua, detti per tale ragione “endoreici”, sono stati in tutto o in parte modellati e modificati da parte dell’uomo.

Purtroppo ancora oggi esiste una velata concezione comune dei canali come ambienti poco salubri, questo è dovuto principalmente ad un retaggio culturale che ci portiamo dietro dai tristi tempi in cui era presente la malaria ed i suoi vettori, le varie bonifiche attuate nel tempo hanno fatto si che​ ad oggi non possiamo più considerare canali, acquitrini e paludi (quel che resta) come ricettacoli di malanni, ma non solo, la costruzione di una rete di canali hanno reso coltivabili molti dei terreni ed evitato allagamenti dovuti a violenti nubifragi, anche nelle aree periurbane.​

Dunque i canali sono essenziali per le attività agricole e per evitare disagi, ma ciò che spesso trascuriamo è la loro importanza ecologica, perchè seppur vero che le bonifiche hanno tolto spazio alla natura e destabilizzato gli equilibri ambientali (con effetti collaterali sulla stessa agricoltura), la stessa presenza dei canali contribuisce alla conservazione delle specie di fauna e flora spontanee, ma soprattutto ad un buon compromesso sulla conservazione della risorsa più importante per la vita: L’ACQUA.

E purtroppo sono proprio i compromessi che mancano, quelli necessari ad una buona coesistenza tra natura e attività umane; se vi è una fitta vegetazione si compiono azioni di “pulizia” a tabula rasa per evitare gli allagamenti, ma poi il terreno non è più in grado di trattenere acqua e la desertificazione avanza, senza vigilanza e manutenzione gli incivili sversano rifiuti che finiscono con l’inquinare la falda superficiale… già, la stessa acqua piovana e/o sorgiva che attraverso le vore alimenta i pozzi dai quali la emungiamo per coltivare quello che arriva sulle nostre tavole.

La vegetazione da un lato può dunque rallentare il deflusso delle acque, sopratutto​ in presenza di ammassi di rifiuti, ma al tempo stesso filtrano sottraendo sostanze nocive e la totale eradicazione comporta una mancata capacità di trattenere la giusta quantità d’acqua, e data la sempre più scarsa regolarità delle piogge ciò diventa un problema.

Quindi una gestione consapevole deve tenere conto delle necessità degli agricoltori che già arrancano per portare avanti il settore, ma anche dell’ambiente, per la stessa tutela del suolo, ad esempio, canali come il Campofreddo-Malvindi, Monticello, o Torricella hanno un alto tasso di naturalità, nel primo sono presenti addirittura piante semiacquatiche come il Nasturzio (Nasturtium​ officinale), il Garofanino d’acqua e molte altre, ed è frequentatissimo da una moltitudine di animali selvatici ed in particolare gli anfibi come il Tritone italiano (Lissotriton italicus),​ una specie in declino della fauna protetta e bioindicatore della qualità degli ambienti, oltre che nemico numero uno delle zanzare. La sua scomparsa dovrebbe farci riflettere, e nel ruscello scorre sempre meno acqua, e sempre più inquinata. Questi canali avrebbero bisogno di una gestione che miri al toccare il meno possibile, ed anzi meriterebbero l’istituzione di aree sottoposte a tutela.

Nel canale Rinella-Mondonuovo invece ho scoperto di recente, in mezzo a fasce boschive di Olmi, la presenza di nuclei di Pioppi bianchi (Populus alba), albero che fino a poco tempo fa non era ritenuto presente in salento proprio perchè legato fortemente all’acqua. A crescita rapida, assorbe molta CO2, produce ossigeno, e grazie alla sua altezza e caratteristiche delle foglie è l’ideale per catturare le polveri sottili. Pensate che recentemente è stata scoperta la sua presenza nel Canale La Lacrima, a Campi Salentina, insieme a piante di liquirizia spontanee e la leggendaria Mandragora, e grazie alla perizia di botanici e geologi il comune ha ottenuto dei fondi dalla Comunità Europea per creare un’oasi naturalistica con percorsi cicloturistici, decementificando il canale, applicando geostuoie e piantando ulteriori piante ed alberi proprio per una corretta regimentazione delle acque.

Siamo sicuri che l’eliminazione della vegetazione sia un bene? I nostri vicini di casa a Campi non sembrano essere meno perspicaci di noi. Ora non vorrei dire che si dovrebbe fare lo stesso nel nostro canale, perchè ci sono da rispettare le esigenze degli agricoltori e poi si dovrebbe prima fare uno studio per capire se quella rientra in quel tipo di habitat che la CE mira a conservare.. e ahimè il tempo è tiranno su queste cose, anche se in realtà le idee ci sarebbero come il rivalutare una ex struttura conserviera sita lungo il canale e che versa in stato di abbandono da decenni. Comunque al momento la giusta via sarebbe quella di salvare “cavoli e capre”.

Detto questo cerchiamo di non stupirci della presenza di vegetazione chiamandola “incuria” mentre ci abituiamo alla presenza dei rifiuti, il mio obiettivo è quello di far conoscere il lato ecologico di cose che sembrano scontate, per il resto vi invito a partecipare all’incontro che si terrà Lunedì 6 giugno – ore 18:30 presso l’auditorium del Castello di Mesagne, per affrontare il problema dei contribuenti contro il Consorzio di Bonifica dell’Arneo, incontro a cura di Carmine Dimastrodonato, Avv. Stefania Pasimeni, i Rappresentanti di Confindustria Brindisi, Confcooperative Brindisi, Coldiretti Prov. Brindisi, Fabiano Amati e con la moderazione del dott. Cosimo Saracino.

Immagini e testo di Stefano Bello – *Educatore Ambientale ed autore di “Messapia Selvatica, scrigni di storia e biodiversità”

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