Home Cronaca Operazione Omega, altre 13 scarcerazioni per la frangia “mesagnese” della SCU

Operazione Omega, altre 13 scarcerazioni per la frangia “mesagnese” della SCU

da Cosimo Saracino
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motta-300x225Fu denominata operazione Omega perché era l’ultima messa a segno dal Procuratore Motta prima del pensionamento e visti gli arresti poteva essere considerata come un duro colpo per la Sacra corona unita tra Brindisi e Lecce. Ma considerando quello che sta accadendo nelle ultime ore con le numerose scarcerazioni si può dire che siamo ancora agli inizi.

In seguito al “Blitz Omega ”, messo in atto sin dalle prime ore dell’alba del 12 Dicembre 2016 dalla DDA di Lecce, che portò in carcere 58 indagati residenti, per lo più, nei comuni del Brindisino di San Donaci e Cellino S. Marco, il Tribunale del Riesame di Lecce, nella giornata di ieri, accogliendo i ricorsi dei penalisti, ha annullato l’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere disponendo la scarcerazione di ulteriori 13 indagati, oltre a quelli già scarcerati qualche giorno prima.

https://youtu.be/v5h3lYgnWYk

Le accuse mosse nei confronti degli indagati variano da Associazione a Delinquere di Stampo  Mafioso a Narcotraffico e Omicidio, sino ad arrivare a contestare un episodio dinamitardo ai danni dell’abitazione di un Maresciallo dei Carabinieri.

Ieri sera, dunque, il Tribunale di Lecce in funzione di Riesame ha scarcerato: Benito Clemente, Antonio Saracino, Pietro Soleti, Salvatore Arseni, Cosimo Perrone, Giuseppe Perrone alias Barabba, Paolo Giolia, Gabriele Leuzzi, Marco Pecoraro, Francesco Francavilla e Giuseppe Giordano detto Aiace,  Antonio e Onofrio Corbascio.

Le motivazioni alla base della pronuncia dei giudici saranno depositate nei prossimi giorni, ma, dalle prime indiscrezioni, sembrerebbe che il Tribunale abbia accolto il ricorso dei penalisti partendo dal vizio di carattere formale legato all’assenza di una valutazione autonoma del GIP rispetto a quanto evidenziato dal PM della DDA nella richiesta di arresto, oltre ad aver condiviso le argomentazioni dei difensori in riferimento alla assoluta assenza di attualità delle esigenze cautelari rispetto alla asserita data di commissione dei fatti che risalirebbero al 2012/2013.

Tra le varie eccezioni mosse dagli Avvocati, che contestano anche la sussistenza dei requisiti dell’associazione, vi sarebbe carenza di motivazione del GIP, il quale, rappresentando una figura terza, rispetto alla Pubblica Accusa, sia in riferimento ai gravi indizi di colpevolezza che in riferimento alle asserite esigenze cautelari, avrebbe dovuto argomentare e motivare autonomamente e separatamente le ragioni della custodia cautelare in carcere prima di disporla nei confronti degli indagati.

L’indagine fu avviata dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi nel settembre 2012, a seguito dell’omicidio di Antonio Presta, figlio di un collaboratore di giustizia, consentendo di identificare il cognato Carlo Solazzo quale autore dell’efferato delitto. Il movente è riconducibile all’attività di spaccio e la gestione della cosidetta “piazza”: Presta avrebbe tentano infatti, approfittando del carcere di uno dei fratelli Solazzo, di assumere il predominio nel traffico cellinese. La droga proveniva da vari canali: Torchiarolo, ma anche Oria, Brindisi e Lecce. Non solo droga, però tra gli affari del clan: anche armi, attraverso la figura del 33enne Gennaro Hajdari (alias Tony Montenegro), di etnia Rom, nato a Palermo ma residente nel “Campo Panareo” a Lecce. Nome già noto alle cronache locali, arrestato nel 2013 come presunto capo di una banda specializzata in furti domestici.

Le indagini si focalizzarono poi sulla cosiddetta frangia “mesagnese” della scu operante nei comuni al sud di Brindisi. Ad emergere due basi operative centrali nel traffico di stupefacenti nel brindisino: si tratta di San Donaci e Cellino San Marco, quest’ultimo guidato da Pietro Soleti. Termina anche con successo l’indagine avviata sull’attentato ad un immobile del comandante della Stazione di San Donaci, il luogotenente Francesco Lazzari, risalente al 18 dicembre 2012. I responsabili sono Benito Clemente e Antonio Saracino, incastrati anche da una rilevazione gps che ha messo in luce una perlustrazione effettuata dai 2 uomini intorno alla casa il giorno precedente per progettare l’atto intimidatorio piazzando poi la bomba.

L’operazione mise in luce il ritorno del cosidetto “rituale di affiliazione” come testimonia la conversazione intercettata dai carabinieri nel maggio 2014 tra Gabriele Leuzzi e Gabriele Cucci, quest’ultimo preoccupato e interessato a sapere maggiori dettagli su quella che definiscono “la condanna buona”.
“Anche da questi riti emerge la volontà di operare in armonia senza giungere a scontri” spiegarono i carabinieri durante la conferenza stampa. Quella pax mafiosa più volte citata dal procuratore Motta, spezzata però dalle inchieste della magistratura e dalle rivelazioni dei sempre più numerosi “pentiti”, ben sedici quelli coinvolti in quest’ultima operazione, tra cui alcuni nomi storici della Scu “mesagnese”.

Nei prossimi giorni sono previste altre discussioni presso il Tribunale del Riesame di Lecce, alcune delle quali si riferiscono a posizioni di indagati particolarmente impegnative e sembrerebbe esserci la concreta possibilità di una serie di scarcerazioni a catena. In attesa delle discussioni e delle motivazioni, intanto, circa una ventina di indagati sono stati rimessi in libertà.

Il collegio difensivo è composto dagli Avvocati: Avv. Carmelo Molfetta, Avv. Ladislao Massari, Avv. Silvio Molfetta, Avv. Raffaele Missere, Avv. Francesco Cascione, Avv. Marcello Pennetta, Avv. Stefano Prontera, Avv. Mario Lavenezziana  e altri.

https://youtu.be/_FuBiml8w5Q

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