Home Cultura Misciagni e lu mugnulu ca no’ s’era maritari

Misciagni e lu mugnulu ca no’ s’era maritari

da Cosimo Saracino
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Questa sera nella trasmissione “L’Eredità” di Rai1 una delle domande faceva riferimento all’orataggio Salentino. Sul mensile BuoneNuove, nel mese di dicembre 2020, avevamo raccontato del ‘Re Mugnulu’. Vi riproponiamo l’articolo di Sara Calvano che aveva raccolto i ricordi di Franco Bianco. Buona lettura

(di Sara Calvano) – Il naturofilo Franco Bianco ci riporta indietro nel tempo attraverso i suoi ricordi non scanditi dal tempo, ma suscitati dagli odori e dai venti, a riscoprire una Mesagne umile e genuina. Un paese dove la gente viveva del frutto del proprio lavoro attraverso il modus operandi del sacrificio e della condivisione. Gli adulti coinvolgevano i ragazzi nelle loro attività quotidiane così come ricorda Franco: «L’economia era localizzata, si collaborava e si lavorava la terra con amore perché consentiva l’autosostentamento e generava introiti. La mia famiglia vendeva non meno di duecento quintali di mugnolo ogni anno»

Il mugnolo è un ortaggio tipico del Salento appartenente alla famiglia delle Brassicaceae. Sulle nostre tavole troviamo le cosiddette “spuntature”, ossia le cime che vengono utilizzate nelle semplici e tradizionali ricette contadine. Le origini di questo ortaggio dicembrino vengono fatte risalire ai tempi antichi, dove era impossibile immaginare la vigilia dell’Immacolata mesagnese senza il “re mugnolo”. 

Con particolare entusiasmo Franco racconta come la gente giungesse a Mesagne, dai paesi limitrofi e dalle Murge tarantine, per acquistare interi carichi di mignolo: «Il mugnolo lo si trovava a Brindisi e in particolare a Mesagne, nel giardino di Coca Facecchia e Umberto Bianco, lu sciardinieri”. Li “sciardinieri” erano coloro che accudivano i semi e curavano la crescita delle verdure. Questa tradizione, che la nostra Misania vanta, secondo il naturofilo ha radici nel contesto proto-romano, japigio-messapico tramandandosi dai Mauritanensi ai Monaci Basiliani, da questi ultimi ai Coronei sino ai giorni nostri. Bianco ha, quindi, aggiunto: «Negli anni ’50 “li poppiti”, cioè coloro che giungevano dal basso Salento, arrivavano scalzi e chiedevano ragguagli sulla cultura dei semi che si praticava nelle nostre terre. Ricordo che nel giardino dei miei genitori si preparavano vere e proprie montagne di mugnolo nei giorni che precedevano l’Immacolata e il Natale, la richiesta era elevata e i proventi lo erano ancor di più. Fu una preziosa fonte economica per l’intera comunità. Quando era ancora buio pesto io e i miei fratelli, uscivamo da casa per raccogliere ed ammucchiare il mignolo, ognuno aveva una mansione ben precisa e si lavorava fino al calar del sole. Si trascorrevano poi interi inverni a conservare, come vere e proprie reliquie, quei semi che avrebbero di nuovo dato vita a tutto questo”.

Comunque, un’attenzione particolare era rivolta a non far “maritare” tra loro i semi, si cercava di evitare che il seme si ibridasse con altre specie della stessa famiglia.

“Le feste – ricorda ancora Franco – in quei tempi erano qualcosa di magico, il Natale era “sacro” e ricco di significati e di tradizioni non solo per noi ragazzi, ma per tutti. Rammento le vie del centro storico intrise dagli odori delle pietanze che si preparavano, il profumo dei dolci, l’odore del pane infornato con le ramaglie degli ulivi e l’olezzo del mignolo stufato. Lo zolfo contenuto nel mignolo sprigionava un forte odore quando veniva cucinato “paru paru”, ossia bollito, i più saggi dicevano che mangiare e respirare il suo profumo avrebbe fatto invecchiare bene”. E a vedere Franco c’è da crederci. Il prossimo febbraio compirà 71 anni e a vederlo sembra ancora un ragazzino tutto pepe. 

Oltre a essere naturofilo Franco Bianco è un appassionato di storia locale. Così, attraverso la lettura dei saggi storici collega le antiche tradizioni alla vita di oggi. “Leggendo la “Prefatio alle Centum historiae seu Observationes et casu edici” di Epifanio Ferdinando scritta dal Mannarino riporta alla Mesagne “sciardiniera” così come descritta nelle loro opere, dove i giardinieri erano dediti alla cultura dei semi e conoscevano i segreti per far nascere rigogliose piante e verdure, non solo locali, ma anche europee”. Quindi aggiunge: “Mi piace pensare che Epifanio Ferdinando, illustre medico- filosofo e il coevo Mannarino, si scambiassero opinioni sulla bontà di questa brassicacea. Così come tantissime altre piante del nostro territorio, anche “re mugnolo”, presumibilmente considerando tutte le proprietà nutritive e antiossidanti, veniva utilizzato per scopi curativi, le foglie delle Brassicaceae, infatti, si utilizzavano anche per lenire le scottature”.

L’esperto, inoltre, ricorda come «Dicembre era “lu mesi ti li sciuechi”, nello stanzone esterno all’antica casa ci riunivamo tutti i giorni, dal primo pomeriggio a tarda serata, si giocava con i giochi di società e le carte, la mamma scia e vinia cu li pettuli e li frittelli e all’ora di cena lu mugnolo sobbra alla banca longa longa non ci mancava mai. Ricordo l’esclamazione di mio fratello: «Ntra picca venunu puru ti l’America pi stu mugnulu!””. 

“La cultura della condivisione – ha proseguito Franco Bianco – permeava le radici del nostro popolo e una pratica solidale fortemente diffusa era “lu rispigu”, da rispigare: “la gente che aveva bisogno, veniva da noi con i sacchi e attingevano direttamente dalla campagna di quelle piante che volutamente lasciavamo proprio per donarle. Questa usanza che si adoperava principalmente per “lu rispigu ti lu granu” fu estesa a tutto ciò che veniva coltivato dai giardinieri mesagnesi”. La condivisione era fortemente radicata, mamma Cosima ospitava a cena coloro che venivano a Mesagne da Taranto, Ceglie e San Michele a ritirare i carichi di verdura. “Era un piacere ascoltare i racconti degli stranieri e condividere con loro un pasto caldo prima della loro ripartenza. Se si poteva far del bene a qualcuno non ci si esimeva dal farlo. La solidarietà ci contraddistingueva, chi aveva poco offriva a coloro che avevano ancora meno”, conclude il nostro naturofilo.

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