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La Pasqua degli afflitti – di don Luigi Maria Epicoco

da Cosimo Saracino
Pubblicato Ultimo aggiornamento: 2 commenti 1,7K visite

C’è una preoccupazione che accompagna le donne che al mattino presto di Pasqua si recano al sepolcro per ungere di oli profumati il corpo morto di Gesù: “Chi ci rotolerà via la pietra dal sepolcro?”. Non sanno ancora che è Pasqua. Sono tutte quante avvolte nella sofferenza del venerdì santo. Il dolore, molto spesso, toglie le prospettive, prosciuga le speranze, e appesantisce anche le cose più semplici. Mentre camminano continua ad assillarle questa preoccupazione: “Chi ci rotolerà via la pietra dal sepolcro?”. Cito loro, perché credo che anche noi siamo nella stessa condizione di queste donne. In queste settimane, afflitte dal Coronavirus, ci domandiamo: “Chi ci aiuterà a riprenderci da tutto questo?”. Sembra sproporzionata la prova che stiamo vivendo rispetto alle nostre forze. Eppure il cristianesimo è nascosto proprio in questa sproporzione. Credere non significa dire di avere le forze necessarie, ma fare memoria che da certi macigni solo la mano di un Altro può liberarci. È tutto qui il segreto della Pasqua. Non avremo riti, processioni, suoni, colori, silenzi, alleluya risonanti, eppure sarà comunque Pasqua. Accadrà anche per noi l’esperienza di arrivare faccia a faccia con quel macigno, e di accorgerci che è già stato rotolato via. Il miracolo della fede è coltivare questa misteriosa certezza che non siamo soli anche quando ci sembra di esserlo. In questo senso la fede ha anche bisogno di una scelta. Non è un’emozione, non è un sentimento, ma è la scelta di fidarsi di un Dio che è nostro Padre, e che continua ad esserlo anche quando tutto grida contro di Lui. Solo così la tentazione della disperazione viene messa in minoranza dentro di noi. Ci aspettano giorni difficili, ma non siamo soli. Mai come in questo momento dobbiamo riscoprire il senso della comunità, dell’esserci l’uno per l’altro. La pandemia del Coronavirus ha scoperchiato la grande ferita della nostra società di oggi, l’individualismo. È proprio questo il vero impegno che dobbiamo assumere alla fine dell’emergenza. In fin dei conti si troverà una medicina, o un vaccino per il coronavirus, ma l’individualismo ha bisogno di ben altre cure. Ha bisogno di comunità parrocchiali che tornino ad essere comunità e non semplici sportelli di sacramenti.  Ha bisogno di scuole che educhino anche oltre i confini scolastici. Ha bisogno di una città che deve ritrovare il suo centro oltre i semplici eventi mondani, in quell’attenzione agli ultimi, a chi non ha lavoro, a chi è in difficoltà, a chi ha perso tutto. Solo “insieme” ritroveremo la strada giusta, e allora le nostre processioni e le nostre feste non saranno più nostalgiche sagre in via d’estinzione. Le nostre piazze e i nostri luoghi di aggregazione non saranno più parcheggi per la noia dei giovani. L’impegno politico e quello sociale non saranno più visti con occhi di sospetto, ma come logiche di servizio. La Pasqua è un dono ma anche una scelta.
Buona Pasqua.

Don Luigi Maria Epicoco

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2 commenti

Molt madassery domenica, 12 Aprile 2020 - 18:16

Grazie per queste parole preziose che dona un senso per i sacrifici che stiamo facendo oggi.

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