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Circo Orfei a Mesagne, intervista a Nello Chiariello referente dei fratelli Monti

da Cosimo Saracino
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La presenza del Circo Orfei a Mesagne ha già suscitato un crogiolo di polemiche dividendo la città in favorevoli e contrari. Lo stesso primo cittadino si è espresso sulla sua scelta di non portare il figlio agli spettacoli che si susseguiranno da oggi fino a domenica prossima nell’attendamento di Via Torre Santa Susanna. Sui social, per la verità, si sono espressi anche coloro che faranno il contrario e porteranno i propri figli a vedere il circo. Abbiamo contattato Nello Chiariello, uno tra i tanti responsabili del circo Orfei dei fratelli Monti, per avere un punto di vista di chi lavora all’interno.

Sig. Chiariello, spesso leggiamo che gli animali del circo sono strappati dai loro habitat naturali. Qual è la verità?

Questo assunto è assolutamente falso. Premettiamo che gli animali del circo vivono nel loro habitat naturale poiché’ sono animali che da generazioni nascono e vivono in cattività. Insomma, il circo è il loro vero habitat. Immaginate, solo per un secondo, di abbandonare in strada il vostro cane. Quanto pensate riuscirebbe a vivere senza di voi? Secondo me non più di una settimana! Si troverebbe dinanzi a situazioni mai vissute da lui prima d’ora”. Una affermazione piuttosto controversa completata dal concetto spiegato da Chiariello che: “gli animali presenti nei circhi italiani discendono da esemplari catturati in natura alla fine del 1800 durante le spedizioni di Carl Hagenbeck. Quindi, come già predetto, da oltre un secolo, tutti gli animali presenti al circo nascono, crescono e si riproducono nel circo”.

A suo avviso che differenza c’è tra un cane e qualsiasi altro animale esotico presente al circo?

“Assolutamente nessuna. Non sono io – continua Chiariello – ad affermare che nessun animale nasce domestico.  La scienza ci insegna che anche il cane, considerato il migliore amico dell’uomo, non nasce domestico. Ma nel corso dei secoli è stato reso domestico grazie all’uomo. Voglio ricordare inoltre, che in India l’elefante è ritenuto un animale domestico utilizzato come animale da soma, per cui viene allevato dalle popolazioni locali”.

Di fronte alla legislazione vigente, i circhi operano nell’illegalità?

“Per l’immagine comune della gente noi siamo un popolo senza patria e senza bandiera. La gente forse ignora che noi circensi, come qualsiasi altra azienda, abbiamo i commercialisti, l’avvocato, paghiamo regolarmente le tasse, le assicurazioni sui camion, l’energia elettrica ecc. Insomma, noi siamo artisti e come accade in altre nazioni, dovremmo essere visti come tale. Qualche anno fa Papa Francesco ci definì seminatori di bene nonché artigiani della felicità. Insomma, noi portiamo allegria divulgando la nostra arte e le nostre abilità artistiche. Anche l’instaurare un rapporto umano tra uomo e animale è una forma d’arte. Non limitiamoci a definire artistico unicamente le abilità fisiche di un trapezista, un giocoliere o un acrobata. Il circo in tutte le sue forme è arte e cultura al tempo stesso. Noi, forse, siamo l’unico mondo apparente che non discrimina nessuno ne per ragione sociale, religiosa o per orientamento sessuale. Il circo è un mondo che accoglie davvero tutti mettendoli sullo stesso piano sociale”.

Ritornando al discorso animali, come vengono addestrati?

“Prendendo come esempio l’addestramento di una tigre, oggigiorno si usa un metodo d’addestramento soprannominato “in dolcezza”. Agli animali vengono fatti eseguire esercizi del tutto naturali.  Per esempio, una tigre riesce tranquillamente a restare sulle due zampe o saltare un ostacolo anche in natura. In Italia, da anni ormai, non esistono più tigri che saltano nei cerchi di fuoco o cose simili. Per l’addestramento si induce l’animale ad eseguire esercizi naturalissimi, invogliandolo con un piccolo premio  ogni qualvolta ascolta il “comando” del proprio addestratore”.

Un’Amministrazione comunale può vietare l’attendamento di un circo?

“Premettendo che momentaneamente sul territorio nazionale non vige alcuna norma che impone ciò, voglio ricordare che in Italia noi esercenti dello spettacolo viaggiante siamo regolati dalla legge 337 del 1968. La predetta legge impone a tutti i comuni italiani ad avere un’area attrezzata per lo spettacolo viaggiante. Inoltre, voglio ricordare che sono pochissimi i comuni italiani a rispettare questa legge. Talvolta siamo costretti ad individuare aeree private e ad adattarci pur di lavorare. Quindi non solo si sta ignorando e non si sta rispettando una legge nazionale, attualmente in vigore, ma spesso si tende ad abusare del proprio potere attuando delle inutili delibere comunali con validità pari a zero. Quindi spesso sono i comuni italiani ad agire nell’illegalità e non i circhi equestri. Poi ovviamente il buono e il cattivo c’è dappertutto. Quindi non mi sento affatto di generalizzare. Per concludere voglio invitare i mesagnesi a venirci a trovare. Sottolineando inoltre che siamo installati in un’area priva di mura, quindi visibili a chiunque h24, da qualsiasi angolo della strada. Noi in quanto a circo Marina Orfei non abbiamo nulla da nascondere. Tutti gli animali sono in bella vista sotto gli occhi di chiunque volesse osservarli ed ammirare come realmente vengono trattati, anche in orari extra spettacoli”.

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1 commento

Maria De Mauro venerdì, 29 Novembre 2019 - 8:13

Il tema degli animali al circo è serio e si può discutere, anche io sono contraria alla cattività degli animali e al loro sfruttamento per gli spettacoli, ma stia tranquillo signor Chiarello, il sindaco di Mesagne aveva bisogno di far parlare di sè in un giorno in cui c’era la conferenza stampa dell’opposizione che lo avrebbe messo sotto accusa per l’arbitraria nomina dei consulenti. Diversamente non credo avrebbe sollevato l’argomento con tanta foga. Purtroppo per lui, queste armi di distrazioni di massa non sono sufficienti a coprire il modo disinvolto e personalistico con cui il primo cittadino governa la città. Di recente sono stati frequenti gli episodi strani. Modi che non collimano con i principi che normano per legge la vita di un Comune. Come ho già detto in altre occasioni, non si può fare della res publica l’orto di casa propria.

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