Home Attualità C’era una volta Mesagnerentola (La triste favola di una sfortunata cittadina) – di Davide Scalera

C’era una volta Mesagnerentola (La triste favola di una sfortunata cittadina) – di Davide Scalera

da Cosimo Saracino
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piazza orsini foto davide giaffreda quimesagne.it

“Ma come?! Devo già andare via? E’ appena mezzanotte! Finisce tutto così?” Sì, finisce davvero tutto così, ma prima di parlarne facciamo un passo indietro.

C’era una volta un posto lontano lontano, a sud di una nazione che era a sud di un continente e qui viveva la piccola Mesagnerentola.

Mesagnerentola era bella come il sole e non si curava di qualche imperfezione o inestetismo qua e là, viveva la sua vita serena e felice nella sua casa fra due mari. Sapeva bene di essere una ragazza speciale ed invidiata da tutti proprio per via delle sue tenute in un posto magico ed unico dal quale era possibile raggiungere sempre il mare più sereno: in pochi potevano vantare un privilegio del genere.

Tanto le si era detto, tanto le si era fatto, eppure Mesagnerentola continuava a sentirsi sola e anche un po’ trascurata finché un giorno, in una notte d’estate, apparve una Fatina che diede a Mesagnerentola una nuova speranza.

La Fatina diede in dote alla giovane 85 mila danari e con un colpo di bacchetta magica animò tutto quello che le era attorno. In men che non si dica Mesagnerentola aveva un nuovo sorriso in volto e tanti gruppi creativi che si occupavano di truccarla, di vestirla, di renderla unica ancor più di quanto già non lo fosse. Arrivarono cuochi, artisti, ballerini per divertirla e farle tornare il sorriso che aveva sempre meritato. Mesagnerentola non stava più nella pelle, si guardava allo specchio e sapeva che avrebbe fatto un figurone all’annuale competizione d’estate che coinvolgeva tutto il Reame.

Tutto era pronto e Mesagnerentola aveva utilizzato tutti i danari che la Fatina le aveva concesso in dono per organizzare quello che lei amava chiamare “il più bel Ballo del Reame”. Gli artisti, i cuochi, e i ballerini ora intrattenevano non solo lei ma anche tutti gli invitati che crebbero sempre di più attratti l’un l’altro da un passaparola inarrestabile. Tutti ridevano, tutti si divertivano così tanto che ben presto si iniziò a vociferare che sarebbe arrivato il Duca di Tùrism ad incoronare Mesagnerentola perché un Ballo così bello non si era davvero mai visto.

Mesagnerentola era incredula e felice di essere riuscita a mettere in piedi un evento simile, ma ad un tratto tutto si fermò e solo i rintocchi della vicina Torre dell’Orologio risuonarono nel generale silenzio.  Le melodie, infatti, cessarono improvvisamente e i cantastorie vennero cacciati, la gente venne zittita e tutti iniziarono a sparpagliarsi. Mesagnerentola, ancora intenta a gustare uno degli squisiti sughi preparati da un cuoco locale, venne colta di sorpresa quando vide proprio l’amata Fatina tutta presa ad allontanare la gente ed intimare il più assoluto silenzio. Mesagnerentola si era decisa a dirgliene quattro quando la Fatina, d’un tratto, si voltò proprio verso di lei che, incredula, non seppe dire altro che:

“Ma come?! Devo già andare via? E’ appena mezzanotte! Finisce tutto così?”

“Sì Mesagnerentola, – le rispose pacata la Fatina – è ora di andare a dormire. Bisogna riposare!”

A nulla valsero gli scalpitii e le proteste, la Fatina aveva deciso e allo scoccare della mezzanotte, quando l’ultimo dei ritocchi dell’orologio fu scandito, tutto sparì e i presenti caddero in un sonno profondo. Mesagnerentola provò a desistere, ma sprofondò velocemente anche lei nelle braccia di Morfeo e con l’ultimo barlume di forza che le restava si guardò attorno sui tavoli ormai svuotati alla ricerca del suo delizioso piatto di sugo ancora da terminare:

“Dov’è la mia scarpetta?! Ho perso la scarpetta!”

Poi tutto si fece buio.

Il Duca di Tùrism arrivò poco dopo e trovò il Ballo deserto. Pensò che fosse strano e presto si convinse che le voci fossero sbagliate e che non poteva esserci stata una festa così bella in tutta quella desolazione. La Fatina, che osservava la scena lì vicino, si fece avanti:

“Duca, lei non comprende. È ora di riposare. So bene che l’afa del giorno è appena andata via lasciando spazio a questa piacevole frescura che mette l’animo a festa, ma è ora che tutti tornino nelle loro case calde e umidicce e dormano profondamente”.

Il Duca annuì, fissò le magnifiche decorazioni  che si muovevano accarezzate dal vento e un po’ perplesso si voltò incamminandosi verso la sua carrozza ripromettendo a se stesso di non fare mai più ritorno alla Corte di Mesagnerentola che dopo avergli tirato questo brutto scherzo ora sonnecchiava indegnamente accasciata in un angolo.

“E mi sa che anche quest’anno se la giocano Lecceronzolo e Biancostuni e i 7 nani…” disse fra sé e sé. Poi andò via. E vissero tutti felici e dormienti.

Davide Scalera  

 

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1 commento

giovanni sabato, 1 Luglio 2017 - 18:38

Attaccare politicamente il sindaco e molfetta per la questione movida e da persone ignoranti. Mesagne si e dovuta adeguare a quello che succede in tutte le città di italia. Dopo Torino le cose sono cambiate. Le forze dell ordine non vorranno piur essere tirate in ballo e sarà colpa di sindaco e organizzatori di eventuslir eventi tragici.quello del sindaco era un atto.dovuto. attaccarlo e pretestuoso. State sicuri che a mezzanotte e anche oltre l’una continuerà sempre il solito fracasso in locali posti a dieci quindici metri da abitazioni con persone che dopo quattro ore devono svegliarsi. A lecce e ostuni queste cose non accadono. Neanchea ceglie cisternino martina. Paesi avanti anni luce rispetto i alla inciviltà mesagnese. La favola e ben diversa e parla di una sodoma e gomorra che apre a mezzanotte e chiude alle due.e bene recuoerare il piacere di vivere insieme e di rispettarsi anziché elogiare i soprusi.

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