Home Politica Cade o non cade? Stupisce che la giunta non sia caduta prima – di Giuseppe Florio

Cade o non cade? Stupisce che la giunta non sia caduta prima – di Giuseppe Florio

da Cosimo Saracino
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Sono caduti imperatori e re, cadono governi quasi ogni giorno, vengono defenestrati ovunque preziosi «grand commis», potrà pure anticipatamente uscire di scena il sindaco di Mesagne.
Lo stupore che qualcuno – ma tra i più zelanti aficionados – prova a manifestare ha un senso soltanto se si tratta di una mozione degli affetti. Non se si parla in punta di politica. Non stupirebbe infatti che Pompeo Molfetta possa chiudere la propria esperienza di primo cittadino poco meno di due anni prima della scadenza prevista per alcune ragioni di sostanza.
Egli stesso – lo riferiscono gli annali della cronaca – aveva fondato l’amministrazione su un «progetto di transizione» per superare «una fase di emergenza», secondo appunto le sue parole. Si presupponeva quindi che l’impegno prioritario dovesse essere quello di affrontare e dipanare l’emergenza e guadagnare almeno un passo avanti alla transizione. Di raggiungere cioè una destinazione (politica, s’intende), possibilmente facendo maturare il «rassemblement» civico dai contorni perlomeno un po’ confusi in una alleanza democratica dalle più congrue prospettive. Alleanza che non si sarebbe dovuta necessariamente definire: «centrosinistra» ma che certamente avrebbe dovuto fungere da cordone sanitario verso gli aggressivi moti populisti e sovranisti e i rigurgiti xenofobi e neofascisti che inquietano l’opinione pubblica più accorta.
Questo obiettivo è stato mancato a pie’ pari, un po’ perché Molfetta si è impantanato nell’ordinaria amministrazione (con i suoi rispettabili macroproblemi ma anche con trascurabili irrilevanti quisquilie), un po’ per le peculiari caratteristiche della sua personalità (non del carattere, che è altra cosa): aggrovigliata, umbratile, profondamente diffidente, accentratrice. Nessuna pena capitale per queste responsabilità, ci mancherebbe altro, rimanendo il sindaco una persona dalla specchiatissima moralità personale, dall’altrettanto impeccabile etica pubblica, dalle intriganti curiosità intellettuali.
Ma: si può affermare pubblicamente (senza essere accusati dai mini-me del primo cittadino di lesa maestà o, peggio, di guidare una macchina del fango) che si può essere uomini meravigliosi, maschi virili, intellettuali raffinatissimi, politici invidiabili e però inadeguati alla leadership? Inadatti ai ruoli di guida?
Più che stupirsi del rischio di elezioni anticipate, sorprende che si sia addirittura arrivati a settembre 2018, dopo che la «liason» iniziale tra Molfetta e la sua comunità si è interrotta da tempo; dopo che la burocrazia comunale è in sofferenza da mesi e proprio con lui; dopo che i rapporti umani tra sindaco e maggiorenti si sono gravemente incrinati, per responsabilità evidentemente diffuse, ma anche e soprattutto per quella condizione di diffidenza parossistica che ha attanagliato il sindaco. Stupisce allora più che altro che la giunta sia ancora in piedi, che Molfetta non abbia avuto un orgoglioso scatto di dignità dei suoi, che i consiglieri comunali abbiano con mollezza tollerato uno stato di crisi permanente essendone perfettamente consapevoli ma senza prendere posizione nelle sedi deputate. E poi stupisce che il PD, in questo frangente della Storia brand che più a perdere non si può, anziché finalmente prendere il pallino del gioco in mano, presentare una mozione di sfiducia e guadagnare il merito della spallata, nel momento «clou» dirami un lungo comunicato sulle sorti…della città? No: di un rinsecchito albero secolare del camposanto. Una volta l’espressione era: «Datti all’ippica», forse oggi bisognerebbe aggiornarla con: «Prova col giardinaggio».

Giuseppe Florio

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