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Apulia Diagnostic: la visione squaderna la realtà – di Giuseppe Florio

da Cosimo Saracino
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All’inaugurazione di Apulia Diagnostic, centro di indagini cliniche avanzate, uno si aspetta che odori di vernici fresche, di intonachi puliti, che sia impregnato dell’olezzo stucchevole che solo l’arredamento industriale riesce ad avere. Oppure, e purtroppo, che sia appestato dal puzzo di combustibile bruciato nottetempo, dal fetore dei tre delinquenti incappucciati armati da qualche vigliacco chissà se più avido o più ostile, dal tanfo che la criminalità non sa proprio levarsi di dosso.
E invece no, camminando per i corridoi e i piani di questa struttura intonsa eppure già insozzata dall’intimidazione un momento prima del primo vagito, è netta una fragranza, di quelle che non è neppure tanto facile trovare da queste parti, negli ultimi tempi. E’ l’aroma che sparge lo spirito dell’intrapresa, uno spettro che da anni non si aggirava più nel territorio.
Non è facile considerare Mesagne come terra di investimenti, di investimenti maggiori. Certo, a corredo c’è il noto blabla secondo cui la città – cittadina – è in posizione strategica, allocata tra due mari, a pochi chilometri dall’aeroporto e dal porto ma senza essere invischiata nel periglioso turbinio del capoluogo brindisino e della sua zona industriale gravata da coacervi di contraddizioni. Ma, nei fatti, al di là dell’insediamento monstre del noto ipermercato, più colonialismo economico che salto di qualità, Mesagne è priva da qualche lustro di un segnale incisivo nell’economia cittadina, un segnale che certamente abbia il timbro del business privato ma che possa rovesciare adeguati riverberi sulla comunità. Il profumo della scommessa di Apulia Diagnostic sembrerebbe proprio di questa natura, che è un po’ la natura – la matrice ideale – dei visionari, sia detto senza ingiuria. C’è questo Stefano Giaffreda, un professionista della chimica ben piazzato nell’industria di settore felsinea, che ha dipinta sulla faccia, proprio nei tratti fisiognomici, la sfrontatezza di chi non sa stare fermo, di chi rifiuta l’agio del guadagno stabile e intende lasciare una traccia, magari sottraendosi alla cronaca per passare alla pur minuta storia dei luoghi. E’ sempre così che l’irrequietezza si fa levatrice di idee, Giaffreda – immaginiamo – risolve il rovello molestando quelli che gli stanno intorno, docenti, ricercatori, soci, amici di vecchia data. Capitalizza le relazioni ma ciò non può bastare: è il momento del business plan, prefigura un azionariato diffuso, allestisce una ragnatela di investitori tra piccoli, medi e grandi e dà il la al battagepubblicitario. Attenzione, ben prima di aver comprato il terreno su cui sorgerà, tutto sommato in un lasso di tempo ristretto, l’agognato centro diagnostico. Anche in quel caso la sfrontata molestia è la cifra di questo mesagnese un po’ scientista e un po’ imprenditore, il cui combinato disposto è appunto la visione. Per giorni e poi settimane e mesi, Apulia Diagnostic è una immagine, una struttura virtuale propagandata su Facebook e nulla più, un castello di carta tutto da edificare eppure spacciato per vero. E’ qui la potenza dell’intrapresa, quella che fa realizzare le cose mentre le si immagina, che induce a confidare – ad aver fede – prima di aver tirato su la chiesa.
Da oggi il mercato della diagnostica avanzata, dell’indagine sofisticata è più aperto, infrangendo un lodevolissimo monopolio che insiste nel territorio da decenni. Potrà funzionare oppure no, come è lecito che accada in un mercato. L’augurio è che funzioni, per i capitani coraggiosi che hanno immaginato Mesagne come terreno fertile agli investimenti scientifici, per la comunità che potrà giovarsi di più avanzati standard di salute, per l’indotto economico che tale investimento comporta. Ma soprattutto per corroborare l’esempio secondo cui le visioni, anche temerarie, possono squadernare ogni contesto, anche il più calcificato.

Giuseppe Florio

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